mercoledì 27 luglio 2011

Ricordo di Brunella

   
Parlare con le donne, come ha fatto per tanti anni nelle sue rubriche, ha confinato per sempre Brunella nella categoria B. E questo e` stato il grave errore della critica ufficiale, la costante amarezza della sua vita: quella critica sussiegosa che, salvo pochissime eccezioni, ha accantonato il suo libro "Una donna e altri animali", un bestseller neppure apparso nelle classifiche dei giornali, un ritratto di donna di fronte alle intemperie della vita, un misto di ricordi, dolori, amore per il prossimo e per gli animali (ci sono pagine sugli amati cani, sui suoi compagni gatti, degne di Colette), fiorito di un felicissimo lessico familiare, sorretto da quella vena che non l`ha mai abbandonata, cioe` l`ironia condita da altrettanta autoironia. 
Cosi` non si erano mai sottolineati l`intrepida grazia di un altro suo romanzo, "L`estate dei bisbigli", e l`irresistibile humour di "Io e loro", "Lui e noi", "Noi e loro", piu` volte ristampati, tradotti in varie lingue e infine raccolti in un unico volume, "Siamo in famiglia", un buffo e patetico carosello (il suo) fatto di genitori, figli, amici dei figli e bestie, naturalmente. Ingiustamente l`etichetta di "scrittrice rosa" le era rimasta appiccicata da sempre. Mentre a cominciare dalle sue prime rubriche, il rosa non era mai stato il suo colore.
In pieno regime democristiano, inclinato a destra e filofascista, mentre le altre piccole poste parlavano dell`angelo della casa che arriva con la zuppiera fumante e quel buon profumo ristabilisce un accordo turbato, mentre le donne in crisi erano dirette verso il porto tranquillo della religione, e discutevano se il vescovo doveva stare a capotavola e a destra la padrona di casa, l`intrepida Brunella spingeva le donne fustrate, tradite, innamorate di un uomo impossibile, verso la totale autonomia, spiegando che vivere sole non e` una maledizione, e senza mai far prediche parlava del lavoro che da` la liberta`, della dignita` acquistata smettendo di correr dietro al fidanzato o al marito fedifrago.
Sempre indulgente con gli errori delle donne, lo era altrettanto coi giovani, approvando la loro ribellione ai tabu` tradizionali, incoraggiandoli a occuparsi di politica.
Sulle pagine spesso frivole e disimpegnate dei rotocalchi femminili, benche` talvolta guardata male dai direttori, lei fece la sua brava campagna a favore del divorzio e, prima di ogni altra, parlo` dell`aborto, mai suggerito o consigliato, pero` "meglio pensarci e non averlo un figlio non desiderato o di troppo".
Antifascista, consigliava di votare a sinistra, attacco` chi attaccava Valpreda, difese l`innocenza di Pinelli. Critico` tanto il contegno di alcuni papi come certe iniziative della chiesa spesso prevaricatrice: il suo ultimo pezzo era contro le posizioni retrive del cardinal Benelli.
Le scrivevano anche molti uomini, alcuni per rimproverarle le idee politiche, la solidarieta` coi ragazzi del 68, la non lapidazione delle adultere. Ma molte lettrici uscite per merito suo da un guscio asfissiante e che, sempre per merito suo, avevano orientato in modo dignitoso la loro vita, le diventarono amiche; erano madri di famiglia, ragazze e anche qualche prostituta (di una di queste, di grande bellezza e anche molto intelligente, fu poi testimone di nozze). Un solo rimorso in questo campo: una moglie disperata le aveva scritto che non ne poteva piu` della crudelta` del marito che la picchiava a sangue insieme ai bambini. Brunella le rispose di rivolgersi ai carabinieri: quella ci ando` e, subito dopo, il marito si vendico` ammazzandola.
Lavoratrice accanita, partecipe appassionata delle vicende delle sue interlocutrici, Brunella era spesso ammalata, ma ironizzava sempre quando parlava dei suoi mali, delle sue somatizzazioni di amarezze, inquietudini e stanchezza. Usava ripetere che lei, cosi` capace di rispondere agli altri, per quel che la riguardava mancava totalmente di buon senso, e in una famiglia difficile, folcloristica e anticonvenzionale, si lamentava di non aver mai raggiunto l`autonomia che suggeriva tanto alle sue lettrici.
Detestava quello che lei chiamava il "melo`", cioe` sospiri, lamenti e autocompassione: aveva la scrivania sormontata da grandi cartelli scritti da lei o dai figli che la prendevano in giro. Finche` scrisse anche il suo epitaffio:
Mettete le mie ceneri
sotto il mio gelsomino
e scrivete sull`urna:
viaggio` tutta la vita
intorno a un tavolo

Ma tutt`a un tratto lo trovo` un po` "melo`" e vi aggiunse:

Senza per altro combinare un cavolo.


Camilla Cederna

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